Terrore Inps, chiesti questi soldi indietro: neanche il tempo di goderteli che devi restituirli | Non c’è speranza

inps insegna - teleone.it

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Quando il cittadino “combatte” ogni giorno con la burocrazia: e poi, anche il rischio di restituire tutto…

Lo si sa bene, per tutti coloro che lavorano: un po’ tutti conoscono alla perfezione il peso delle imposte e la complessità dei rapporti con gli enti previdenziali. Dal versamento delle tasse all’accesso ai sussidi, l’interazione con la Pubblica Amministrazione è spesso segnata da incertezze, tempi lunghi e ostacoli formali. In questo contesto, anche chi si trova in difficoltà economiche si ritrova a dover affrontare una vera e propria giungla burocratica per accedere agli aiuti previsti per legge.

Tra i meccanismi di tutela sociale più utilizzati in caso di perdita del lavoro c’è la Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego), una forma di sussidio che l’Inps eroga mensilmente a chi ha perso involontariamente il proprio impiego. Tuttavia, anche questo tipo di aiuto può trasformarsi in un problema, se non vengono rispettate alcune condizioni fondamentali o se si verificano errori amministrativi.

Infatti, pochi sanno che l’Inps può richiedere la restituzione della Naspi, anche mesi dopo l’erogazione, se rileva anomalie nei pagamenti o comportamenti scorretti da parte del beneficiario. Si tratta, nel caso specifico , di un tema che interessa certamente migliaia e migliaia di cittadini ogni anno, e che può avere conseguenze economiche anche molto pesanti.

Ma quali sono i casi in cui può avvenire questa richiesta? Andiamo a scoprirlo nel dettaglio, anche per consentire a tutti di evitare quelle che sono le più brutte “sorprese” possibili, oltre che per tutelare i propri diritti in caso di controversie che vengono aperte.

“Restituiscimi tutti i soldi”: quando l’Inps può chiederlo ai cittadini

Adiamo a vedere quelle che sono le possibilità di richiesta di “restituzione”. La prima ipotesi, spesso sottovalutata, riguarda i pagamenti errati. L’Inps può accorgersi di aver corrisposto un importo maggiore rispetto a quanto effettivamente spettante al lavoratore. Questo può avvenire per un errore di calcolo, per una comunicazione incompleta, o per l’assenza di uno dei requisiti previsti dalla normativa. Un’altra situazione frequente è legata al nuovo impiego non dichiarato. Se una persona trova lavoro ma non informa tempestivamente l’Inps, la Naspi dovrebbe essere sospesa o ridotta.

Se questo non accade, i versamenti continuano in modo illegittimo e l’Inps, una volta accertato l’errore, può procedere al recupero degli importi erogati in eccesso. Ma, naturalmente, il caso più grave è quello per cui l’indennità viene ottenuta tramite dichiarazioni mendaci. Se si scopre che il richiedente ha fornito informazioni non veritiere, l’Inps può non solo chiedere la restituzione della somma ma anche denunciare l’accaduto alle autorità competenti, configurando un possibile reato. È quindi fondamentale compilare con attenzione ogni documento, segnalare subito eventuali variazioni lavorative e non tentare di “aggirare” il sistema. L’Inps è in grado di incrociare numerosi dati e può individuare in tempi anche molto lunghi eventuali anomalie.

conti soldi lavoro (pexels) - Teleone.it
Conti soldi lavoro (pexels) – Teleone.it

Come avviene il recupero: ma è possibile opporsi alla richiesta?

I passi che si compiono sono ben precisi: una volta individuata l’indebita percezione, l’Inps avvia una procedura formale di recupero notificando al cittadino la somma da restituire e le modalità. Se l’importo è modesto, può essere richiesto un pagamento diretto; se più alto, è possibile richiedere una rateizzazione. L’ente può anche trattenere l’importo da future prestazioni previdenziali, come assegni familiari, pensioni o bonus spettanti al cittadino. Nei casi più complessi o in presenza di rifiuto, l’Inps può procedere con strumenti legali, fino al pignoramento di beni o stipendio. La possibilità di opporsi, ad ogni modo, esiste, ed è anche molto spesso ignorata.

Se si ritiene che la richiesta di rimborso sia ingiusta o infondata, il cittadino può presentare un ricorso amministrativo entro 90 giorni dalla notifica. Il ricorso può essere fatto da soli, con un legale o tramite un patronato. In alcuni casi, inoltre, si può eccepire la prescrizione: se sono trascorsi più di 10 anni dall’erogazione indebita, l’Inps potrebbe non avere più titolo per esigere il rimborso. Se anche il ricorso amministrativo viene rigettato, resta la possibilità di rivolgersi al giudice ordinario e far valere le proprie ragioni in sede legale. Una gestione poco attenta o la sottovalutazione delle regole, dunque, può trasformare un beneficio in un problema serio, con esborsi inaspettati. Quel che bisogna fare, quindi, è rivolgersi a un esperto o a un centro di assistenza nel momento in cui si percepisce l’indennità.