Apertura

Le lacrime per Francesco, il Papa che veniva dalla fine del mondo

Anche per il più grande leader spirituale dell’Occidente il momento del trapasso nasconde un’emozione e un mistero profondi. Ci siamo svegliati il giorno di Pasquetta con questa angoscia umana, troppo umana, racchiusa nell’apparente freddezza della formula: questa mattina il vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre.

Venti anni fa, il 2 aprile, al termine di un serie di speciali (ero anchor del Tg di Italia1) dove si faticò a tenere la cosiddetta distanza giornalistica di fronte alla commozione dei fedeli (e non solo) in piazza San Pietro, l’annuncio arrivò di sera: alle 21,37 Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre. Tra Wojtyla, tra quel gigante della storia della Chiesa e della Storia in assoluto, e Papa Francesco, c’è stato il tempo di una figura straordinaria come Ratzinger, il custode della purezza della Fede, il Papa che si “dimette” tra mille dubbi e insinuazioni.

Ed ecco che nel marzo del 2013 si affaccia alla loggia centrale della basilica di San Pietro un signore sconosciuto. Si chiama Jorge Mario Bergoglio, è nato a Buenos Aires nel 1936 da padre di origini piemontesi e da madre di origini liguri Un uomo che veniva, come lui stesso disse alla folla quella sera, dalla “fine del mondo”. Una definizione che racchiudeva una missione, essere dalla parte del grande Sud diseguale più che dalla parte dell’Occidente capitalista trionfante.

Ha disgregato la ricchezza come Potere

Come Wojtyla fu l’uomo che disgregò il comunismo, così Bergoglio è stato l’uomo che ha disgregato (con alterni risultati) la ricchezza come Potere. E’ stato il primo a prendere il nome del Santo di Assisi, essere Francesco per essere accanto agli ultimi, ai poveri, agli scarti della società. La battaglia per la giustizia sociale, la passione per il calcio nata nel Barrio Flores di Buenos Aires, il calcio come riscatto del popolo, quel calcio che oggi gli rende omaggio ma che secondo molti non è più già da tempo “proprietà popolare”.

E poi l’impegno riformista, il senso della storia secolare rispetto alle regole cristallizzate nella storia Ideale della Chiesa. Un impegno che gli è valso molti nemici, come rivelò all’inizio de suo lungo ricovero al Gemelli quel freddo annuncio burocratico: tutto è pronto per la sua successione. Ma è davvero così? Dio ha voluto regalargli un’ultima Pasqua, il saluto ai fedeli, la benedizione ai bambini e il sentito, drammatico testamento pubblico a favore della Pace in “un mondo a pezzi”.

L’Occidente, già profondamente turbato, perde un suo punto di riferimento. Al momento tutti danno per favorito alla successione il cardinale Pietro Parolin, soprattutto per la sua abilità nelle relazioni diplomatiche. Ma attenzione a entrare già da Papa nella complessità del conclave. Feroce invenzione dei miei avi medievali viterbesi che chiusero a chiave, cum clave, quei cardinali troppo (e per troppo tempo) litigiosi. (Claudio Brachino-foto Italpress)

redazione

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