Giorgetti non ha alcuna pietà: ora ti pignorano pure lo stipendio | Li trattengono e ti scordi le vacanze quest’estate

Giancarlo Giorgetti (foto italiareportusa.com) - teleone.it
Dal prossimo anno gli stipendi vengono “tagliati” in automatico dallo Stato: ecco cosa succede.
Questo sì, che può diventare un vero e proprio incubo, per centinaia di migliaia di lavoratori. E soprattutto per tutti coloro che si trovavano in questi giorni proprio a programmare una bella vacanza estiva dopo un anno di duro lavoro. E’ bene che si sappia subito: dal prossimo anno, per tutti gli impiegati del settore pubblico in Italia, cambia davvero tutto.
Per chi ha dei debiti con lo Stato e percepisce uno stipendio superiore ai 2.500 euro netti al mese, dovrà fare i conti con nuove trattenute obbligatorie. E adesso – è questa la situazione che più preoccupa – queste avverranno direttamente in busta paga. Un provvedimento che, oltre a sollevare ovvi timori, rischia di far, appunto, saltare piani familiari, vacanze o altri generi di progetto personale.
Ma andiamo a spiegare cosa sta accadendo. La Legge di Bilancio 2025 introduce infatti un meccanismo automatico di recupero dei debiti fiscali che colpisce in modo diretto, come anticipato, proprio i dipendenti pubblici. In caso di pendenze superiori ai 5.000 euro, il Fisco potrà intervenire senza preavviso, bloccando una parte dello stipendio fino al completo saldo del debito.
Il governo ha motivato questa scelta con l’obiettivo di “garantire equità fiscale” e sostenibilità dei conti pubblici. Una decisione che, però, impatterà duramente sulla quotidianità di molti lavoratori onesti, spesso alle prese con difficoltà economiche pregresse o cartelle esattoriali discutibili. Secondo quelle che sono le stime fornite dal ministero dell’Economia, sarebbero oltre 250.000 gli impiegati pubblici interessati dalla misura, di cui almeno 30.000 con redditi mensili superiori ai 3.500 euro. Per loro, i prelievi saranno consistenti e prolungati nel tempo.
Lo stipendio viene “tagliato” anche in maniera automatica: cosa dice la legge
A partire dal 1° gennaio 2026, secondo quanto stabilito all’articolo 1, commi 84 e 85 della Legge di Bilancio 2025, i dipendenti pubblici che guadagnano più di 2.500 euro netti al mese e hanno debiti superiori ai 5.000 euro vedranno scattare in automatico le trattenute. Il blocco riguarderà tutte le somme riconducibili al rapporto di lavoro: stipendio, indennità, emolumenti una tantum e persino le cifre previste in caso di licenziamento.
Le trattenute saranno proporzionali: un settimo dello stipendio mensile verrà prelevato direttamente dal datore di lavoro e versato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Sulle tredicesime o altre erogazioni straordinarie si applicherà invece una trattenuta pari al 10% del totale. Un dipendente con reddito mensile di 3.500 euro, ad esempio, si vedrà prelevati circa 500 euro ogni mese.

E scatta il countdown per cercare di rimediare: occhio alle scadenze
Se da un lato la misura crea ansia e incertezza tra i lavoratori, dall’altro concede una finestra temporale per agire. Il differimento al 2026 dà la possibilità agli interessati di sanare le proprie posizioni con il Fisco, evitando così di subire le future decurtazioni in busta paga. Inoltre, le nuove disposizioni ampliano da 30 a 60 giorni il termine per il pagamento delle cartelle, concedendo un margine maggiore per eventuali ricorsi o rateizzazioni. Si tratta, in un certo senso, di una occasione importante per chi intende sistemare eventuali errori o situazioni di debito accumulate negli anni. Il consiglio per tutti è quello di controllare attentamente la propria situazione fiscale e muoversi per tempo, evitando di ritrovarsi impreparati quando la norma entrerà effettivamente in vigore.
Le nuove regole non sostituiscono quelle attualmente in vigore sulla pignorabilità degli stipendi, ma si aggiungono a un sistema che è, senza alcun dubbio, già complesso e stratificato. La differenza sostanziale, però, è che in questo caso sarà direttamente lo Stato – e non un creditore privato – ad agire, con modalità più rapide ed efficaci. La paura cresce, dunque. E lo fa ancor di più perché, oltre al disagio economico, la decisione potrebbe arrivare a creare anche un clima di sfiducia tra i lavoratori del settore pubblico, già messi alla prova da anni di tagli e incertezze. Sì, è una misura che è pensata per rafforzare i conti pubblici. Ma che, in fin dei conti, secondo tanti potrebbe trasformarsi in una sorta di “boomerang sociale”.