Mafia, maxi sequestro da 3 milioni a Giovanni Luppino, autista di Messina Denaro

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Colpo alla mafia: sequestrati beni per oltre 3 milioni di euro a Giovanni Luppino e alla sua famiglia, dopo la condanna definitiva.

Le autorità hanno disposto un maxi sequestro di beni riconducibili a Giovanni Luppino, arrestato nel gennaio 2023 per il suo coinvolgimento nella latitanza del boss di Castelvetrano. Il provvedimento riguarda il suo patrimonio e quello dei familiari, per un valore complessivo superiore ai 3 milioni di euro.

Tra i beni sequestrati figurano due società agricole attive nella coltivazione e lavorazione di olive e ortaggi a Campobello di Mazara, oltre a sette immobili (tra appartamenti e terreni) situati tra Campobello di Mazara e Castelvetrano. Inoltre, il provvedimento ha colpito tre rapporti bancari e un’automobile intestata alla famiglia.

Le indagini della Guardia di Finanza hanno evidenziato come Luppino, condannato in via definitiva a 9 anni e 2 mesi di carcere, avesse un ruolo chiave nel sostegno finanziario al boss latitante. Le autorità hanno individuato una fitta rete di bonifici e assegni, prova di un flusso costante di denaro a supporto dell’organizzazione criminale.

Il sequestro è stato disposto al termine di un procedimento di prevenzione, avviato subito dopo l’arresto di Luppino, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

Il ruolo di Luppino nella rete mafiosa

Giovanni Luppino fu arrestato il 16 gennaio 2023 dai carabinieri del ROS nei pressi della clinica La Maddalena, mentre accompagnava il boss castelvetranese a una visita medica. Secondo gli inquirenti, aveva già svolto questo ruolo più volte nei mesi precedenti, gestendo gli spostamenti del latitante e garantendo la sua sicurezza.

Il GUP di Palermo ha condannato Luppino per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati. La pena inflitta, pari a 9 anni e 2 mesi di reclusione, è stata inferiore ai 14 anni e 4 mesi richiesti dalla procura.

Secondo le accuse, Luppino non si sarebbe limitato a fornire supporto logistico, ma avrebbe anche raccolto fondi per conto del capomafia. Insieme ai figli, Antonino e Vincenzo, anch’essi arrestati, avrebbe gestito spostamenti, traslochi e altri aspetti organizzativi della latitanza.

Inizialmente accusato di favoreggiamento, durante le indagini il capo d’accusa a suo carico è stato aggravato fino a includere l’associazione mafiosa. Un colpo duro alla criminalità organizzata, che dimostra ancora una volta la determinazione delle forze dell’ordine nel contrastare la mafia.

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