Tre generazioni diverse accomunate dalla passione della fotografia e dalla volontà di raccontare il mondo attraverso tale strumento: il fotografo palermitano Pucci Scafidi si racconta all’Italpress in vista dell’evento che domani, sabato 12 ottobre, lo vedrà impegnato per celebrare a Palermo i cent’anni dalla nascita dello studio fotografico di famiglia.
In principio era stato il nonno Giovanni ad avviare l’attività, poi è toccato al padre Nicola e adesso a lui. L’appuntamento è a Villa Igiea ed è diviso in due parti: uno Short Movie e la mostra vera e propria, che raccoglie al proprio interno cent’anni di scatti.
E’ lo stesso Scafidi a descrivere nel dettaglio ciò che i partecipanti troveranno: “La prima sezione va dal 1924 al 1943, epoca in cui si respirava l’aria del neorealismo italiano – spiega -, la seconda è dedicata alle fotografie di mio papà, che vanno dal banditismo Giuliano al Gattopardo; la terza a una Sicilia raccontata in tre modi diversi dalla famiglia Scafidi”.
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Naturalmente l’evoluzione della tecnologia, il passaggio dalla pellicola in bianco e nero al colore e, soprattutto, la tranzione dall’analogico al digitale, ha inciso in modo significativo sull’attività di Giovanni, Nicola e Pucci: “Mio nonno operava con lastre di vetro 10×15 che porteremo a Villa Igiea – racconta -. Mio padre è passato alla pellicola, per una fotografia più moderna rispetto a quella che c’era negli anni ’20. Anche io ho iniziato con la pellicola, ma ho vissuto in pieno la trasformazione dall’analogico al digitale. Si può fare tanta sperimentazione: ho sviluppato sia in bianco e nero sia a colori. C’è una grande differenza tra la fotografia di ieri e quella di oggi”.
Ma oltre alla tecnologia “ho cercato di introdurre una nuova materia, fatta di resina, facendole prendere corpo e colore nella mia fotografia. Questa idea mi è venuta facendo riferimento alle cosiddette mascherature, che i fotografi creavano all’interno delle camere oscure per evidenziare alcune parti di un fotogramma: ed è nata così la foto materica”.
In 35 anni di carriera, uno degli aneddoti più importanti di Scafidi si lega alla sua attività proprio per Italpress: “Era il 1997, ero a New York con mio padre per fare una mostra intitolata ‘Un popolo in camminò: da lì andammo a Los Angeles da un amico fraterno che faceva il ritrattista dei divi di Hollywood. Mi raccontò che c’era Al Pacino che metteva le proprie impronte davanti al Teatro cinese: riuscii ad accedere proprio grazie a un tesserino Italpress, grazie al quale potei fare le fotografie spedendole in Italia e rivendendole in tutto il mondo”.
Un altro ricordo lo lega al regista Giuseppe Tornatore, che Scafidi chiama affettuosamente ‘Peppucciò: “Con lui ho fatto un calendario per Audi, nel quale era tra le dodici persone da fotografare: quando andai a trovarlo a Roma non sapeva chi fosse Pucci Scafidi, ma conosceva mio padre e mi raccontò che aveva un debito morale nei suoi confronti”, conclude.
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