Cronaca
Bayesian, le indagini della Procura per omicidio colposo
Sette le vittime accertate, tra cui alcuni uomini d’affari internazionali. La Procura mantiene il riserbo sulle indagini in corso
La Procura di Termini Imerese ha aperto un’inchiesta sul naufragio del veliero Bayesian, ipotizzando i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo, attualmente a carico di ignoti.
“Siamo solo all’inizio e non escludiamo che possano emergere sviluppi di qualunque tipo”, ha dichiarato il procuratore capo Ambrogio Cartosio durante la conferenza stampa. Cartosio ha sottolineato l’importanza di mantenere il segreto investigativo per non compromettere l’andamento delle indagini.
L’incidente è stato segnalato alla Guardia Costiera alle 4:38 del mattino di lunedì, quando un razzo rosso ha rivelato una situazione di emergenza. Quando i soccorsi sono giunti sul posto, il veliero era già affondato e i superstiti erano stati salvati da un’imbarcazione vicina.
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A bordo del Bayesian vi erano 22 persone; tra queste, sette sono risultate disperse e poi trovate morte. Il primo corpo recuperato è stato quello di Thomas Recaldo, membro dell’equipaggio, mentre gli altri sei passeggeri, appartenenti al mondo degli affari, sono stati recuperati tra il 21 e il 23 del mese.
Cinque delle sette vittime si erano rifugiate nelle cabine sul lato sinistro del veliero, alla ricerca di bolle d’aria, mentre il sesto corpo è stato ritrovato in un’altra cabina sullo stesso lato. “La nave è affondata prima di poppa, poi si è adagiata su un lato, e abbiamo trovato i corpi nelle cabine del lato sinistro, quello che è stato invaso per ultimo dall’acqua”, ha spiegato Girolamo Bentivoglio Fiandra, Comandante dei Vigili del Fuoco di Palermo.
Nel frattempo, l’ammiraglio della Guardia Costiera Raffaele Macauda ha annunciato che la proprietà del veliero ha espresso l’intenzione di recuperare il relitto, in accordo con la Procura. “C’è la volontà di recuperare l’imbarcazione, ma saranno necessari tempi tecnici”, ha detto Macauda.
Il procuratore Cartosio ha giustificato la sua precedente reticenza a rilasciare dichiarazioni, citando il decreto 106 del 2006 che limita la comunicazione pubblica dei magistrati. “Spero ci sia comprensione: è nostro dovere rispettare le leggi, anche quando non ci piacciono”, ha concluso.
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