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“Non provo rabbia, non provo nulla: penso solo alla mia Giulia che non c’è più”

Torna a parlare il papà di Giulia, Gino Cecchettin: “La fiaccolata è arrivata al cuore, non smetterò mai di ringraziare tutti gli italiani”

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Torna a parlare il papà di Giulia Cecchettin, la giovane uccisa da Filippo Turetta, dopo la tragedia che ha colpito la sua famiglia.

“Cosa sto provando? Non provo rabbia, non provo nulla. Io penso alla mia Giulia che per me ormai non c’è più. Nella fiaccolata di domenica la vicinanza di tutti è stata enorme. È arrivata al cuore, non smetterò mai di ringraziare tutti gli italiani”, ha aggiunto l’uomo, che è stato sentito fuori dalla sua abitazione di Vigonovo, nella provincia di Venezia.

E ieri sera sono stati in migliaia alla fiaccolata organizzata in ricordo della giovanissima ragazza, e per alzare ancora la voce sul tema della violenza sulle donne. La sorella di Giulia, Elena Cecchettin, ha scritto al Corriere della sera una lettera, in cui si sottolinea come il femminicida venga “definito erroneamente un ‘mostro'”

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“Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I “mostri” – scrive la ragazza – non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling”.

“Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura. Viene spesso detto “non tutti gli uomini”. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio. Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge”.

“Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.

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