Dalle intercettazioni legate all’indagine che ha portato all’arresto questa mattina della preside della scuola Falcone dello Zen di Palermo, Daniela Lo Verde, accusata di corruzione e peculato, emergono anche i timori della dirigente scolastica per delle firme false apposte nei registri di presenza dei corsi, che di fatto erano frequentati invece da “alunni fantasma”, indispensabili per ottenere l’erogazione dei fondi europei.
La preside Lo Verde, nota per le sue posizioni improntate all’antimafia e alla legalità, aveva invece piena contezza del fatto che i progetti Pon, con fondi UE, venissero condotti in modo assolutamente irregolare apponendo “firme farlocche”.
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Lo testimonia un’intercettazione del 13 settembre scorso tra la preside e il vicepreside Daniele Agosta, anch’egli sotto indagine, nella quale si discute della “evidente difformità tra le reali firme degli alunni e quelle riportate sui fogli presenza e verosimilmente apposte dai docenti”: “No, parliamo seriamente… allora questo é il primo foglio firma, ok? Questo lo posso accettare, va bene, pure questo lo posso accettare… ma questo capisci bene che non lo posso accettare più, guarda“.
Parole che secondo gli inquirenti testimoniano la sistematicità delle azioni fraudolente, tanto da indispettire la preside per la poca attenzione riposta dai docenti nel riprodurre le firme degli alunni.
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Compito che talvolta spettava ad Agosta, come rivela Lo Verde: “Se non ricordo male quando tu facevi queste cose ci impiegavi una mattinata”. In seguito, Lo Verde apprende della richiesta di una proroga di indagini preliminari nei confronti di una docente, mentre nei confronti della preside non era arrivata alcuna notifica.
A quel punto, dalle intercettazioni emerge la paura della Lo Verde di finire in carcere per la vicenda delle firme false di alunni che non avevano mai partecipato ai corsi: “Me ne vado in carcere, il carcere c’è… Come io che c’entro? Loro non avevano bambini… E tu c’eri, perché tu eri il referente di questo progetto…”, dice al vice Agosta. (Italpress)
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